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Non chiederci la parola EUGENIO MONTALE

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Messaggio  anna chiara Mar Feb 10, 2009 5:08 pm

Non chiederci la parola che squadri da ogni lato
l'animo nostro informe, e a lettere di fuoco
lo dichiari e risplenda come un croco
Perduto in mezzo a un polveroso prato.

Ah l'uomo che se ne va sicuro,
agli altri ed a se stesso amico,
e l'ombra sua non cura che la canicola
stampa sopra uno scalcinato muro!

Non domandarci la formula che mondi possa aprirti
sì qualche storta sillaba e secca come un ramo.
Codesto solo oggi possiamo dirti,
ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.

anna chiara
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Messaggio  Davalf Lun Mar 02, 2009 6:04 pm

La poesia "Non chiederci la parola" fu scritta da Eugenio Montale famoso scrittore ligure del novecento e vincitore del premio nobel in Letteratura nel 1975. Questa poesia è collocata all'inizio dell'opera più importante e significativa di Montale, Ossi di seppia. La prima edizione di Ossi di seppia fu pubblicata nel 1925 da Piero Gobetti, tre anni dopo fu pubblicata la seconda edizione comprendendo sei nuovi versi e l'articolazione in sezioni dell'opera. In questa poesia Montale riesce ad esprimere quella negatività che lo ha sempre caratterizzato, un pò come Leopardi. Molto probabilmente tutta questa negatività è dovuta al fatto di aver vissuto tutte e due le Grandi Guerre che lo hanno influenzato a prendere una presa di posizione nei confronto della vita, difatti nella poesia ci si puo rendere conto che in alcuni versi i suoi paesaggi sono aridi e aspri. A differenza degli altri scrittori del Novecento come ad esempio D'annunzio e Carducci, Montale non si sente un poeta guida per il popolo ma tutto il contrario, infatti in questa poesia Montale si rivolge a quei lettori che esigono dai poeti verità assolute. Nella prima strofa della poesia, il poeta dichiara di non avere parole risolutive che possano suscitare serenità, questa impossibilità è data dal suo animo privo di certezze, infati secondo il poeta l'animo non si poteva rappresentare con dei versi, perchè l'animo ha delle diverse sfaccettature. Da questi versi si riesce a capire che Montale è contrario alla poetica dannunziana. Nei seguenti versi invece il poeta afferma che l'uomo è sicuro di se stesso perchè si muove con l'animo pieno di certezze,ma nella seconda parte Montale considera questo solamente un atteggiamento dovuto alla superficiàlità dell'uomo e alla scarsa attenzione della realtà , invece nella terza strofa ritorna quel senso di pessimismo che aveva caratterizzato la prima, Montale riesce a far capire che i poeti non hanno nessuna pozione magica per conoscere la realtà che ci circonda, il poeta contrappone il tutto con il versetto finale molto negativo; ciò che non siamo, ciò che non vogliamo. Versi che è la chiave di lettura della poesia ed esprime tutta la tremenda esperienza della guerra che Montale ha dovuto vedere , con questa ultima strofa il poeta fa capire che lui è umano, al pari di ogni altro uomo e può solo scrivere qualche storta sillaba che è secca come un ramo.


Ultima modifica di Davalf il Mar Mar 03, 2009 12:14 pm - modificato 2 volte.

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Messaggio  Dalila Lun Mar 02, 2009 8:00 pm

La prima pubblicazione de "Non chiederci la parola" risale al 1923, Montale la scrisse quindi in seguito al suo intervento nella Prima Guerra Mondiale; lo spirito del poeta è caratterizzato da quella "negatività", che è alla base della sua poetica, ma non ancora maturata, poichè il suo animo dovrà ancora essere messo a dura prova dal secondo conflitto mondiale che definì la sua presa di coscienza nei confronti della vita.
La “negatività” messa in luce da Montale è quella che scaturisce dalla poesia, distaccandosi dal “vatismo” caratteristico dei poeti a lui precedenti (come ad esempio D'annunzio o Carducci) ed allontanandosi da un'alienazione che pone il poeta stesso come essere superiore (come nel simbolismo di Baudelaire), le sue parole non hanno lo scopo di dare senso al mondo, non sono rivelatrici di verità, ma semplici storte sillabe secche e fragile come un ramo. Montale però sembra non farne una questione personale, ma anzi, l'uso della prima persona plurale di “non chiederci” e “non domandarci” fa credere che oggetto della questione siano proprio i poeti, ed i lettori e l'umanità i destinatari. Montale infatti si rende solidale non solo con i poeti del suo tempo, ma probabilmente con l'intera umanita facendo uso di un “noi” più esteso: “l'animo nostro”. Il poeta è a conoscenza del fatto che il nostro animo è incerto, “informe”, e che mai nessuno potrà riuscire a definirlo “a lettere di fuoco”, a squadrarlo “da ogni lato”, a definire la realtà; nemmeno i poeti sono in grado di dare certezze, loro possono dirci solo “ciò che non siamo, ciò che non vogliamo”. Ed è probabilmente da questa assenza di qualcosa che nasce la poesia di Montale, da cui plasma il suo pensiero della vita ed il suo correlativo oggettivo dell'osso di seppia. Da qui ne scaturisce anche il riflesso di quella ricorrente immagine di una vita aspra che il poeta richiama nei suoi paesaggi aridi (e non più floreali o erbacei come erano quelli di D'annunzio o di Pascoli): il “polveroso prato” e lo “scalcinato muro”.
Nella quinta strofa Montale pone l'attenzione sull' “uomo che se ne va sicuro, agli altri ed a se stesso amico” e che “l'ombra sua non cura”, egli ne prende le distanze, prima con un'apparente cenno di invidia ed in seguito mettendo in luce la sua superficialità: egli guarda solo la superficie della propria anima, non vedendo la parte negativa che poi probabilmente è quella più vera.
L'attenzione al periodo storico è centrale in questa poesia, basti pensare alla posizione assunta dalla parola “oggi” nel verso 11 (“codesto solo OGGI possiamo dirti”); Montale con questa puntualizzazione sembra voglia rompere del tutto col passato e, come detto prima, distaccarsi dai poeti a lui predecessori, provocando così il rifiuto di un positivismo storico, guardando al futuro ed alle speranze dell'umanità con un'utopia caratteristica del suo negativismo; allo stesso tempo però il poeta sembra prendere insegnamente dal suo passato, soprattutto dagli avvenimenti della Prima Guerra Mondiale, da lui vissuta in prima persona.
Dalila
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